ALESSANDRO ABRATE
Catalogo della Mostra “Antologica” Cuneo 2008
La luce e la tenebra, il rimando alla creazione e all’apocalisse ci conducono nei labirinti del tempo e dello spazio; alle domande che arrovellano da sempre le generazioni; ai dubbi di cosa c’era prima e di cosa verrà poi. Con risposte che spesso generano ulteriori incertezze e sollevano angosce. Il magma delle inquietudini umane è stemperato dalla forza irrazionale – ma vivifica – dell’eros, che concede estasi, ebbrezza, caldi soffi di benessere.
LUIGI CARLUCCIO
Gazzetta del Popolo del 03/02/1981, Torino
Giulio Mosca rappresenta la vocazione ad evadere dalla cronaca, sospinto da un sentimento profondo della metafisica e quindi della verità di <<altre>> cronache; le <<celesti>>, della fede. Figure in piedi di Profeti e formelle, molte, in cui l’artista ricostruisce i passi più conosciuti del Vangelo con una mobilità di impronte ed una vivacità di composizione, ben trattenuta del resto dentro spazi precisi, che discendono sia dalla animazione del modellato sia dalla toccata della luce che lo investe. Ne viene fuori un discorso plastico che conferisce ai contenuti sacri una forma fatta in gran parte di cenni, significativi e significanti, di allusioni aperte, di concitatissimi dialoghi tra luci e ombre pur nel breve spessore del bassorilievo. Così l’immagine affiora e affonda al tempo stesso nel suo spazio, rivela e nasconde, diventa cioè cosa o argomento che l’intelligenza e la sensibilità dello spettatore deve in sè chiarire e completare.
ANGELO DRAGONE
La Stampa del 15/12/1990, Torino
L’opera plastica di Giulio Mosca è come ispirata, se non permeata, da un sentimento che, al di là della Fede, si fa intimamente religioso. Con chiare ascendenze formali più o meno illustri, il <<bassorilievo>> delle formelle come il “tutto tondo” della sua statuaria vivono in funzione della luce. Questa anima lamateria nervosamente modelllata nelle figurazioni affioranti dal fondo come la resa plastica in cui si svolge il volumetrico impianto di figure in cui a ragione Albino Galvano ha visto un messaggio fatto di <<raccoglimento e di meditazione dell’uomo e sull’uomo.
ALBINO GALVANO
Catalogo della mostra “La Bussola”, 1981
Senza clamore, ma con fermezza di voce, Mosca ci comunica il suo messagio di raccoglimento, di meditazione sull’uomo e dell’uomo.
La scultura, per lui, non è artigianato, ma vocazione.
RAFFAELLA GIORDANA
Catalogo della mostra” La Bussola”, 1981
I tuoi lavori, Giulio, mostrano il tuo pensiero dominante, il potere soprannaturale sull’umano; mostrano altresì una grande aspirazione, di vedere aldilà di questo potere. I viluppi in cui si nascondono le figure rappresentano il desiderio profondo di liberarsi, ma al tempo stesso la percezione che siamo costituiti insieme al corpo, un tutt’uno con questo, quindi l’impossibilità di trovare libertà. Mostrano il potere del soprannaturale invano indagato, poichè esso è mistero per l’uomo. Come corazza di difesa e insieme camicia di forza, così come il tuo spirito percepisce il mistero.
ANTONIO MIREDI
Corriere di Torino del 27/03/1997.
Nell’opera di Giulio Mosca, le figure si presentano come figure che non sono figure, segni di evocazione – ali leggere, iconografie bibliche, tagli di luce… – impronte, stazioni di un cammino dell’uomo. Profeti che, per lasciare un messaggio di verità, sacrificano la loro individualità e si mostrano senza volto e senza storia per interrogarci, muti ed immobili, chiusi in una corazza di abbraccio o con le braccia spiegate verso l’infinito.
SILVANA NOTA
Una raccolta per cominciare – Assessorato alla cultura Moncalieri -Edizione d’arte fratelli Pozzo, 1995.
Dentro la trama del tempo, cercano la vita e la perdono come in un film le moltitudini. Immersi nella consistente materia di un parallelepipedo, trovano ancora le immagini dilatate da orizzonti sconfinati, turbe umane sconvolte da una sorta di diaspora collettiva. Uomini e donne uniti da una relazione speciale che racconta della fratellanza, della sorte unica che li attende. Sono figure che si inseguono, si raddoppiano, si espandono senza confine. Abbattono gli steccati infiniti illuminandosi di luce radiosa, là sullo sfondo, vinti dall’esperienza di una pace duratura.
ENRICO PEROTTO
Catalogo della mostra “Antologica” Cuneo 2008.
Ecco gli esseri umani o angelici guardiani della soglia tra l’esistente e l’immaginario, tra il visibile e l’invisibile; sono figurazioni del trascendente, che paiono scrutare il cielo, dimora dell’epifania divina, come per vaticinare responsi per il futuro dell’umanità. La loro forma corporea è allegoria della trasfigurazione dell’essere umano in alterità ultramondana, ma conservano ancora uno sguardo retrospettivo, in grado di rivolgersi alla ricerca e al rinnovato riconoscimento dell’autenticità dell’essere troppo spesso trascurato ai nostri giorni.
MARISA VESCOVO
Rivista Color N° 2 del 1984, Ed. Weber
Giulio Mosca è partito dal bronzo, un materiale tradizionale e molto condizionante, per arrivare oggi alla cera, altra materia della tradizione, ma trattata come <<pittura>>, cioè mescolata a pigmenti colorati, prevalentemente grigi e bruni, che si intarsiano al giallo mieloso dell’ocra naturale, essi danno corpo ad una materia tattile e sensuale, senza riflessi o folgori, he sembra uscire dal profondo del magma inconscio, così come la cera proviene lentamente dal ventre dell’ape. L’organizzazione complessa del materiale, dentro la continuità di <<una tradizione>> italiana, mette a fuoco la tensione dialettica dello spazio della vita e delle sue contingenze. Non ci stupisce dunque se uno dei temi dominanti del dibattito contemporaneo, anche nell’ambito dell’arte visiva, è quello che si produce intorno all’idea di Apocalissi. E’ inutile negare le radici <<religiose>> <<bibliche>>, dell’apocalitticismo contemporaneo, esso però ha trovato oggi nello <<straordinario>>, e nel <<fantastico>>, un proprio autonomo spazio di espressione, che lo riconduce ad un’identità di matrice: espressione di suggestioni, che anche in senso laico, si possono definire <<mistiche>>.
L’Apocalisse sta per una situazione esistenziale, mentre il <<fantastico>> diventa una categoria narrativa che permette, a Mosca, di trovare varchi nella storia dell’immaginario sociale. La scultura a muro, come uno schermo, diventa luogo dei passaggi e delle trasformazioni, luogo dove avviene il risveglio di una <<cosa>> informe, e quindi paurosa, la terra dopo la distruzione atomica, ma in ogni caso immagini che contraddicono la nostra norma, o nozione di ordinario, ordinario che diventa straordinario, e viceversa. La risposta dell’artista a queste ipotetiche realtà dell’avvenire, si concretizza in una narrazione densa di simboli, infatti le domande che ci vengono dal mondo sono di quel genere alle quali la scienza non ha mai dato una risposta, e quindi la <<favola>> – sia per i primitivi, che per Platone – non ha smesso di essere il miglior mezzo per dimostrare un’idea indimostrabile, quella della dimensione cosmica dell’Apocalisse.
L’artista per sottrarsi ad una realtà aberrante si rifugia nell’irrazionale, vendica il piombo del presente, tentando di costringere chi violenta la realtà e prendere coscienza, ad accorgersi di falsificare il mondo, ad avvertire il disagio, il disgusto, l’impotenza della propria condizione.